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Nino La Barbera Metamorfosi│monografilm

TESTI CRITICI NINO LA BARBERA Metamorfosi Le emozioni irrompono in me al cospetto delle mille testimonianze delle storie dei Popoli, tutti spinti dalla costante volontà di conquista e dall’insaziabile desiderio di conoscenza, tutti ineluttabilmente confluiti nel centro del Mediterraneo, culla della mia e della nostra Civiltà, che travalica il limes di appartenenza.

La ricerca artistica di Nino La Barbera è saldamente inserita nel filone culturale della nostra Civiltà mediterranea. La Pittura di La Barbera ha attraversato fasi diverse accentuando sempre più un elemento preciso, quello della materia che si trasforma dentro lo spazio dell’Opera, ubbidendo a un pensiero implicitamente depositatovi dentro, rintracciato dall’Artista e continuamente mutante, illustra Claudio Strinati, e che lui stesso definisce come facoltà di cogliere il contemplabile. Da qui il lavoro di Nino La Barbera prende, letteralmente, il volo, inteso come metafora generale del suo fare, in continua evoluzione, collocandolo in una posizione singolare, mista di visionarietà e di realismo …

Nino La Barbera, afferma Dario Micacchi, ha una naturale predisposizione a narrare di un albore germinale della vita sulla terra. Col tempo ha fatto crescere il suo mito, il primordio di un pianeta verdeggiante con splendide donne procreatrici, fanciulli quasi fossero piante, rocce che si spaccano al flusso delle acque purissime e il verde delle piante, tutte le varietà del verde in tutte le stagioni terrestri e in quelle dell’immaginazione che trionfa. L’urlo della natura di Munch, e ritorna il canto e il prato gentile della Primavera del Botticelli … Assorto in una rimodulazione sempre costante in continua ascesa e rivisitazione del suo punto di vista sulla nuova figurazione, e sotto l’azione d’una perennità del moto che imbriglia uomini e cose, Nino La Barbera esercita, scrive Aldo Gerbino, una sorta di propulsione rigenerativa rivolta al recupero panteistico della platonica Anima mundi. Tale neo-figurazione, immersa nella classicità, si attesta senza mai dimenticare le lezioni delle avanguardie storiche. Dagli esiti postfuturisti a quelli del cubismo che ancora esercitano un’azione rivitalizzante di quel meccanismo visivo capace di interpretare la realtà …

Non per favole o leggende o intermittenze della memoria storica, documenta Antonio Del Guercio, ma per un corpo a corpo col palinsesto storico: necessario a ritrovare di volta in volta, diversamente, dentro gli equilibri instabili della Storia presente, il proprio luogo mentale ed emozionale dentro il nesso organico passato-presente-futuro …

Quei colori, come illustra Francesco Gallo Mazzeo, sempre scelti tra quelli che richiamano l’azzurrabile di cui è vestito il cielo, il mare e ogni orizzonte della mente che tutto presiede, come una grande luce che fa da arteriosità e venosità tra le stelle che distano anni luce, a milioni, con i sogni che sono accanto a noi, nel verdeggiante di foreste nella mente, in cui la prevalenza si propone come saper vedere, come filosofia immaginaria … È come scindere l’indissolubile rapporto tra il nostro pianeta e il sole, tra il sole e la galassia, sconvolgendo gli equilibri dell’infinito apparecchio universale.

Apoteosi sono le cime tempestose di una fantasia che non si esaurisce in quello che fa, testimonia Franco Portone, ma si lascia ogni volta una via d’uscita per dipingere un mistero, un rebus, in cui la soluzione non è la sua essenza, mentre lo è la continua tensione del fare, nella consapevolezza che quella che al momento ti sembra essere la verità, in realtà non lo è, perché essa è come l’orizzonte che ti sembra a portata di mano, ma non lo è, perché si sposta, indicando un cammino, un itinerario, facendo di ogni attimo, un incanto.

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